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Sonetti del 1835 | 303 |
L’INGUILINO ANTICO.
Doppo tant’anni, v’annate inzoggnanno1
Ch’io muto casa? Uhm, mmanco per idea.
Saranno scinquant’anni, eh Dorotea,
Che stamo cqui? E ssicuro che ssaranno.
Se2 fa ssubbito er conto. Io sc’entrai quanno
Ebbe3 lo sturbo che mme mòrze4 Andrea.
M’aricorderò ssempre cche ffu ll’anno
Che vvenne a Rroma l’urtima Chinea.5
Sto bbùscio,6 inzomma, io me sce so’ invecchiato;
E oramai co’ ttant’anni de piggione,
Sai quante vorte me lo so’ ccrompato?7
Allora ariscodéva8 er zor Aìmme,9
Poi venne un oste, e mmo st’antro10 padrone
Ch’ha ppagato la casa sscimme sscimme.11
18 settembre 1835.
- ↑ Vi andate sognando.
- ↑ Si.
- ↑ Ebbi.
- ↑ Mi morì.
- ↑ “L’ultima Chinea:„ nel 1787 [Cfr. i sonetti: La Chinea, 25 nov. 31, e Momoriale ar Papa, 4 febb. 32.].
- ↑ In questo buco.
- ↑ Me lo sono comperato.
- ↑ Riscuoteva.
- ↑ “Haim,„ famiglia ora estinta.
- ↑ Ora quest’altro.
- ↑ A vil prezzo. [Qualche volta, nello stesso senso, dicono: scimme scimme e ccosi tonni, volendo forse con questi cosi tondi indicare ironicamente i danari.]