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280 Sonetti del 1835

MADAMA LETTIZZIA.1

     Che ffa la madre de quer gran colosso,
Che ppotava il Re cco’ la serécchia?2
Campa de cunzumè,3 nnun butta un grosso,4
Disce e nnepà,5 sputa e sse specchia;6

     Sta ssopr’a un canapè, ppovera vecchia,
Impresciuttita llì ppeggio d’un osso:
E ha ppiù ccarne sto gatto in d’un’orecchia,
Che ttutta quella che llei porta addosso.

     A ccolori è er ritratto d’un cocommero
Sano:7 un stinco je bbatte co’ un ginocchio;8
E ppe’ la vita è ddiventata un gnómmero.9

     Cala oggni ggiorno e vva sfumanno a occhio.
Sémo all’ammèn-gesù: ssémo a lo sgommero:10
Sémo all’urtimo conto cór facocchio.11

8 settembre 1835.

  1. [È noto che madama Letizia, dopo la caduta di Napoleone, si stabilì a Roma, dove morì di ottantasei anni, il 2 febbraio 1836.]
  2. [Col falcetto.]
  3. [Dal franc. consommé. E anche a Firenze i più dicono consumé, invece di brodo consumato.]
  4. [Moneta di rame o d’argento, equivalente a poco più di cinque de’ nostri soldi. — Madama Letizia era infatti assai economa, anche quando aveva il figliuolo sul trono. E un un giorno che l’Imperatore la pregava di spendere ogni anno tutto il milione di appannaggio, rispose: “Sì, se me ne darete due.„]
  5. Credono i popolani nostri che il no de’ Francesi sia nepà.
  6. Si specchia. E realmente madama Letizia continuamente specchiavasi. Quanti motivi potevano trarla a quest’uso!
  7. [Intero, non tagliato.]
  8. Dopo una caduta, rimase con una gamba rattratta.
  9. Un gomitolo.
  10. Siamo allo sgombro, siamo all’amen: è finita.
  11. Pel cocchio che doveva funeralmente portarla al sepolcro.