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Sonetti del 1835 261

per via di semplice circolare ai pubblici percettori. [Ma per gustare la chiusa di questo sonetto, bisogna aver presente che il 1° gennaio 1833, mentre terminava il giubileo vero e proprio, indetto da Papa Gregorio con lettere apostoliche del 2 dic. 32, si vide affisso sulle cantonate l’editto per l’aumento delle gabelle, che sollevò tanti strepiti. Cfr. il sonetto: Er zale ecc., 31 dic. 32.]

LA CURA SICURA.

     Che ccosa sc’è da rimanecce stàtichi1
E de stacce accusì smiracolati?2
Ma ggià, vve compatisco, sciorcinati:3
De st’asscenze che cqui4 nnun zéte5 pratichi.

     Io ve dico ch’a ttutti l’ammalati
De dojje isterne e ddolor aromatichi,6
Je se dà ll’ojjo d’àrcadi volatichi7
In certi bbottoncini smerijjati.

     L’antro8 mese ch’io stiede9 a lo spedale,
Pe’ la scommessa mia che mme maggnai
Sei libbre de porcina10 de majale,

     Sto segreto scuperto io l’imparai
Da Ambroscione er facchin de lo spezziale,
Che ppuro11 lui sce n’ha gguariti assai.

30 agosto 1835.

  1. Qual cosa c’è da rimanerci estatici.
  2. E di starci così attoniti.
  3. Poverelli.
  4. Di queste scienze qui.
  5. Non siete.
  6. Reumatici.
  7. D’alcali volatile.
  8. L’altro.
  9. Stetti.
  10. [Di carne porcina.]
  11. Pure.