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240 | Sonetti del 1835 |
ER ZOLE NOVO.
Lo disceveno a ppranzo, è vvero Nina?,1
Che mmo, ppe’ alluminà strade e ppalazzi,
S’abbruscia un fil de carcia2 fra ddu’ c....,3
E la sera4 diventa una matina.
Disce5 che sta scuperta chimichina,6
Se pò ppuro7 addoprà da li regazzi;
E in Inghirterra, trall’antri8 rimpiazzi,
L’hanno appricata ar Farro de Missina.9
Disce che cco’ sta carcia, pe’ le scole,
Quanno arimàne nuvolo, arimàne,
Ce fanno inzino er negroscopio a ssole.10
Dunque mo cco’ sta lusce nun fa un corno11
Si12 ppiove, e cce pòi fà le mediriane13
Pe’ rrimette14 l’orloggi a mmezzoggiorno.
22 agosto 1835.
- ↑ [Caterina.]
- ↑ Si brucia un pezzolin di calce.
- ↑ Fra due gaz.
- ↑ Si avverta che per sera intendesi in Roma, propriamente, le prime ore della notte.
- ↑ [Dice: dicono.]
- ↑ Chimica.
- ↑ Si può pure.
- ↑ Fra gli altri.
- ↑ Al Faro di Messina.
- ↑ Sino il microscopio a sole. — Comprendesi di leggieri che la portentosa scoperta della quale il nostro buon romanesco intese parlare servendo a tavola il suo padrone, è quella del calciossidrogeno, accaduta recentemente in Londra. Di questo nuova fonte di sfolgorantissima luce è celebre l’applicazione fatta in Inghilterra al sistema de’ microscopi solari, e la sostituzione alle lampade d’Argand, con meraviglioso successo tentata da Drummond nel Faro di Purfleet.
- ↑ Non nuoce.
- ↑ Se.
- ↑ Ci puoi fare le meridiane.
- ↑ Per rimettere.