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232 Sonetti del 1835

ER DEBBITORE DER DEBBITORE.1

     Dunque perché la Cammera2 ha d’avé
Dar mi’ padron de casa, ha la bbontà
De róppe3 er culo a cchi nun cià4 cche ffà,
E vviè a spidì la mano reggia a mmé?!

     È vvero ch’ar padrone io j’ho da dà
La piggion de sei mesi, ma pperché?
Perché appenne la lite in ne l’Accè,5
Pe’ l’acconcìmi che mme vò nnegà.

     Quanno fra de noi dua s’astipolò
La locazzione, sce se venne a ddì6
Che cc’entrassi7 la Cammera? Ggnornò.8

     Disce: “Ma er Fisco l’intenne accusì.„
Ddunque er fischio me fischi quanto sciò,9
E er Ziggnore lo pòzzi bbenedì.10

15 agosto 1835.

  1. Vedi l’affricano editto della Segreteria per gli affari di Stato interni, dato il 9 lguglio 1835, N. 33,200 di protocollo. [In quest’editto, tra l’altre cose, si legge: “La Santità di Nostro Signore, volendo rimuovere e prevenire ogni difficoltà nella appliaczione delle nuove leggi giudiziarie, intorno alla mano regia,„ (V. nel presente volume la nota 1 a pag. 204) “si è degnata dichiarare e prescrivere quando segue:... § II. In tutti i casi, ne’ quali per disposizione del diritto comune piò il fisco convenire direttamente i debitori de’ suoi debitori, compete pure al medesimo il privilegio di astringerli al pagamento con la mano regia.„ Così dunque, com’è argutamente rilevato nel sonetto, al procedimento sommario e vessatorio del manone, Che indóve pò arrivà sse pijja tutto, vi veniva anche a dare effetto retroattivo!]
  2. [La Reverenda Comera Apostolica, l’Amministrazione delle Finanze, il Fisco.]
  3. Rompere.
  4. Non ci ha.
  5. Pende la lite nel Tribunale dell’A.C. [V. la nota 4 del sonetto: Du’ servitori, 28 novem. 32.]
  6. Ci si venne a dire: [ci si disse].
  7. C’entrasse.
  8. Signor no.
  9. Mi involi quanto ci ho: quanto ho.
  10. Lo possa benedire.