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Sonetti del 1835 129

ER MORTORIO DE LA SORA MITIRDA.1

     Zitto... ecco che la porteno, Presede.2
Senti?... intoneno adesso er risponzorio.
Guarda... principia ggià a sfilà er mortorio.
Bbeata lei e cchi la pò arivede!3

     Oh a cquest’anima sì cquasi è de fede
Ch’è inutile la messa a Ssan Grigorio.4
Oh cquesta nun ha ttocco5 er Purgatorio
Manco coll’óggna6 d’un detin de piede.

     Commare mia, è mmorta una gran donna,
Ch’aveva pe’ l’affritto e ’r poverello
Tutta la carità de la Madonna.

     In quelo stato7 e cco’ cquer viso bbello,
Trovene ar monno d’oggi la siconna,8
Che ttratti chi nun ha9 ccome un fratello.

2 febbraio 1835.

  1. Matilde Sartori, poi Mazio, quindi De Marchis. [E, per parte de’ Mazio, credo un po’ parente del Belli.]
  2. Prassede.
  3. [Può] rivedere.
  4. [Si crede che per ispeciale indulgenza concessa alla Chiesa di San Gregorio di Roma, ogni messa che vi si dice con l’elemosina d’uno scudo liberi immediatamente un’anima dal purgatorio. V. la nota 3 del sonetto: L’Imbo, 19 nov. 32.]
  5. Toccato.
  6. Unghia.
  7. Il fratello del di lei primo marito, Mazio, morì cardinale e i nipoti ne ereditarono.
  8. [Seconda.]
  9. Il misero.