Pagina:Sonetti romaneschi IV.djvu/134

124 Sonetti del 1835

LI FIJJI CRESSCIUTI.

     Questi li vostri fijji?! Guarda, guarda
Che ppezzi de demòni! E ppare jjeri,
Quanno abbitàvio1 a le stalle d’Artieri,2
Ch’uno era un’aliscetta, uno una sarda!

     Ve se so’ ffatti du’ stangoni veri.
Nun ce manc’ antro3 cqua, ssora Bennarda,4
Che mmuntura, giaccò,5 schioppo e ccuccarda,
Pe’ ddà ar Papa un bèr6 par de granattieri.

     Come scarrozza er tempo! Ggià ddiescianni
Passati com’un zoffio! Eh, nnun c’è ccaso:7
Li piccinini cacceno li granni.

     Antro3 cqua cche Ggolia e che Ssanzone!
Ce vò la scala pe’ ttoccajje er naso.
Cos’è er monno! È una gran meditazzione.

30 gennaio 1835.

  1. Abitavate.
  2. Altieri.
  3. 3,0 3,1 Altro.
  4. Bernarda.
  5. [Dagli Usseri ungheresi, che nel secolo XVII passarono al servizio della Francia, fu introdotto in francese il nome del loro cappello: shako; e dal francese poi lo prendemmo noi sotto le forme di giacò o giaccò, le quali mancano ancora ai vocabolari.]
  6. Bel.
  7. [Non c’è rimedio.]