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Sonetti del 1835 117

LA CRATÙRA IN FASSCIÒLA.

     Bbella cratùra! E cche ccos’è? Un maschietto?
Me n’arillegro1 tanto, sora Mèa.2
Come se3 chiama? Ah, ccom’er nonno: Andrea.
E cche ttemp’ha? Nnun più?! Jjèso! eh a l’aspetto

     Nun mostra un anno? Che ggran bell’idea!
Quant’è ccaruccio llì cco’ cquer cornetto!4
Lui mo sse3 penza de succhià er zucchietto,5
La ghinga6 o er cucchiarin de savonea.

     Vva’, vva’, vva’,7 ccome fissa la sorella!
Nun pare vojji dijje8 quarche ccosa
Co’ cquella bbocchettuccia risarella?

     Nun ho mmai visto un diavoletto uguale.
Dio ve lo bbenedichi, sora spósa,
E vve lo facci presto cardinale.

26 gennaio 1835.

  1. Me ne rallegro.
  2. [Bartolommea.]
  3. 3,0 3,1 Si.
  4. Si suole appendere al petto de’ bambini, mercè una catenella di argento, un cornetto o di pietra dura o di corallo, che eglino vanno sempre tenendosi per la bocca e biascicando. Così pure vi si aggiunge un cerchiolino d’avorio, detto volgarmente la sciammella (ciambella), sul quale i bambini si arruotano le gengie verso il tempo della dentizione. Alcune madri uniscono a tuttociò un campanelluzzo di argento.
  5. [Succhietto, da succhià, che ha tutti i sensi de’ due distinti verbi toscani succhiare e succiare.] Zucchero involto e legato entro un pezzetto di pannolino.
  6. Mammella.
  7. [Troncamento di varda, che s’usa spesso per guarda.] Come dicesse: “ve’, ve’, ve’.„
  8. Voglia dirle.