Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
54 | Sonetti del 1833 |
ER POSCRITTO.1
M’aricorderò ssempre la matina
De cuell’ammazzataccia coscrizzione.
Stàmio2 tutti inzeppati in d’un zalone,3
Aspettanno la nostra chiamatina.
Tiràmio4 allora fòr da un bussolone5
Una palla co’ ddrento una cartina:
Sott’a una spesce6 poi de quajjottina,7
Ce misuràmio8 come er borgonzone.9
Io tirai sù er ventuno, e cquanno aggnéde10
A mmisuramme11 senza scarpe, intese12
Ch’un fariseo strillò: “Ll’è zinque piede.„
Ma ddoppo grazziaddio m’ariformònno,13
Perch’ero nìobbe;14 e in capo a mmezzo mese,
Ebbe15 la grazzia d’arimàne16 ar monno.
Roma, 13 maggio 1833.
- ↑ V’ha chi dice coscritto, e chi poscritto. [E, s’intende, coscritto durante la dominazione francese.]
- ↑ Stavamo.
- ↑ Una delle sale del Palazzo della Cancelleria di Santa Chiesa, il quale deve la sua origine al Cardinale Riario, e i suoi materiali al Colosseo, donde furono tolti anche per altri edifici.
- ↑ Tiravamo.
- ↑ [Grosso bossolo.]
- ↑ Specie.
- ↑ [Ghigliottina.]
- ↑ Misuravamo.
- ↑ [Rozza stoffa di lana.]
- ↑ Andai.
- ↑ Misurarmi.
- ↑ Intesi, per “udii.„
- ↑ Mi riformarono.
- ↑ Miope.
- ↑ Ebbi.
- ↑ Di rimanere.