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Sonetti del 1834 | 347 |
L'ARME PROVÌBBITE
Je1 sta bbene a st’infami framasoni,
E ’r Governo è un gran omo de punilli.2
Impareranno a rriportà3 li stilli
E li verdùchi drento a li bbastoni.
E ha rraggione de dì4 Ppadre Perilli5
Che ddu’ anelli da piede a li carzoni6
Sò,7 ddoppo de la forca, lli ppiù bboni
Medicamenti pe’ gguarì li grilli.8
E ggià cch’er Papa storce9 de curalli
Drento in ne lo spedàr10 der cimiterio,
Vadino a scopà Rroma,11 e bbuggiaralli.
Chi pporta l’arme ha da morì in catene,
Eccett’a nnoi12 che in tanto diavolèrio13
Si pportamo14er cortello, è a ffin de bbene.
23 maggio 1834
- ↑ Gli.
- ↑ È da riputarsi grand’uomo, quante volte li punisce.
- ↑ Riportare, nel senso di “portar nuovamente.„
- ↑ Di dire.
- ↑ Frate conventuale, intrigante, istigatore e spia del Governo.
- ↑ Due anelli appiè dei calzoni.
- ↑ Sono.
- ↑ Grilli: idee esaltate.
- ↑ Storce: non consente.
- ↑ Spedal.
- ↑ Allude alle opere pubbliche, alle quali i condannati s’impiegano.
- ↑ Eccetto noi.
- ↑ In tanto sconvolgimento di cose.
- ↑ Se portiamo.