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Sonetti del 1834 | 323 |
LI VASI DE PORCELLANA.1
3.
Jjeri er padrone mio crompò2 ddu’ vasi
Dipinti a ttinta verde e oro ggiallo,
Che ssenza le campane de cristallo
Je sò ccostati venti scudi o gguasi.3
Anzi li chiama lui rari sti casi,
Ché vventi scudi vale uno a bbuttallo:
Quantunque er conte Rubbi e ’r dottor Gallo4
Nu' ne pàreno troppo perzuasi.
Tu ssai si5 ppe' ccontratti sce so'6 ometti
Da mett’appetto7 a cquelli du’ siggnori,
Che rraschierìeno8 er lustro a li papetti.9
Dicheno dunque che sti vasi iggnudi,
Ciovè10 ssenza campanee ssenza fiori,
Ponno ar giusto valé ttredisci scudi.
21 aprile 1834
- ↑ Vedi la nota 1 del sonetto primo.
- ↑ Comperò.
- ↑ Quasi.
- ↑ Personaggio famoso in Roma, che da servente di ospedale è passato a forza d’ingegno ad avere titolo, e sostanza di marchese. A nessuno meglio che a lui può addirsi il romano termine di lesto-fante.
- ↑ Se.
- ↑ Ci sono.
- ↑ Da mettere appetto.
- ↑ Raschierebbero.
- ↑ Moneta papale di argento, da due paoli. La lira romana.
- ↑ Cioè.