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312 Sonetti del 1834


I VASI DI PORCELLANA.1

2.

     Ma llei gli osservi se cche vvasi! Costa
Più il porto a mmé, cche a llei tutto il campione.
Non si lasci sfuggir quest’occasione,
Ch’io glieli do pper acquistar la posta.2

     Colori a ffuoco, ggiàa,3 smalto di crosta:4
Glieli mantengo io, siggnor Barone,
Per porcellana vera del Giappone,
Fabbrica di Pariggi e ffatti apposta.

     Venti scudi, dio mio!, valgono a ppeso.
Che bbei due capi! Lei, caro siggnore,
Bbenedirà il danaro che ccià5 speso.

     Mi maraviglio. Io glieli mando a ccasa,
E llei dopo a ssuo comodo... Ho l’onore:
Servitor suo: mi favorisca spesso.6

21 aprile 1834


  1. A differenza del sonetto 1°, si è in questo adottata la ortografia usata pel dir romanesco. Quello però non era che una rappresentanza di una lettera scritta: ma dovendo il presente porre sott’occhio la pronunzia romana (che di pochissimo diversifica dalla romanesca; malgrado la miglior correzione del dire), abbiamo stimato di non abbandonare il nuovo nostro sistema ortografico.
  2. L’avventore.
  3. Già. Lo abbiamo scritto con due a, onde esprimere il suono prolungato di questa vocale nella parola già; allorchè serve essa di approvazione a ciò che si ascolta obiettarsi da alcuna persona.
  4. Smalto profondo, spesso.
  5. Ci ha: che si pronunziano in una sola emissione di voce.
  6. [Manca, come si vede, la rima.]