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290 Sonetti del 1834


ER MONNEZZARO PROVÌBBITO.1

     Pagà ddièsci scudacci de penale
Io pover’omo che nun ciò2 un quadrino!
Io che nemmanco posso bbeve vino
Antro3 che cquanno vado a lo spedale!

     Eppuro4 me toccò a bbuttà un lustrino5
Pe’ ffamme stenne6 drent’ar momoriale
Le raggione da disse7 ar tribbunale
De le Strade, indov’è cquell’assassino.

     Je sce discevo: “Monziggnore mio,
Quanno Lei trova er reo, voi gastigatelo:
Ma er monnezzaro nun ce l’ho ffatt’io.„

     E ssai che mm’arispose quer Nerone?
“Questo nun me confìnfera:8 arifàtelo:9
Ch’io nun vojjo sentì ttante raggione.„10

18 aprile 1834

  1. L’immondezzaio proibito. In molti e molti luoghi delle città, veggonsi incastrate per le mura delle case lapidi marmoree di uno o due secoli di data, colle quali d’ordine dell’Illmo Tribbunale delle strade resta inibbito che non si possa fare il mondezzaro, né tampoco sia gettare immondezze (in quei luoghi) sotto pena a chi v’incorrerà di scudi dieci & altre ad arbitrio. Questo n’è il sunto, e il tutto insieme simiglia a capello le famose gride, citate da Alessandro Manzoni. Per questi editti di sasso, divenuto più nero della scrittura che vi fu incisa, può ancora accadere che qualche fantesca maledica chi non le insegnò l’alfabeto.
  2. Non ci ho: non ho.
  3. Altro che: fuorchè.
  4. Eppure.
  5. Un grosso di argento. [Poco più di cinque soldi.]
  6. Per farmi stendere.
  7. Da dirsi.
  8. Non mi gamba.
  9. Rifatelo.
  10. Realmente questo fatto è accaduto non ha guari, non già nel tribunale delle Strade, ma nella Prefettura degli Archivi. L’egregio Prefetto, monsignor Bargagnati, così rispose ad un notaio che reclamava contro ad una ingiusta multa impostagli per non sussistenti contravvenzioni. [E così, a un dipresso, rispose il Commissario di polizia allo Stenterello del Giusti, che voleva scolparsi dell'accusa di liberale: "So vita e morte della sua persona... E qui dove son io non si ragiona.„]