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204 Sonetti del 1834


LA PRELATURA DE GGIUSTIZZIA.

     Nun ve la venno1 mica pe’ ssicura,
Ma ccome io puro l’ho ccrompata2 adesso;
Perché cciò3 er mi’ gran dubbio ch’a un dipresso
Fussi ’na cojjonella4 o un’impostura.

     Dicheno5 ch’uno che vojji èsse6 ammesso
Pe’ mmano de ggiustizzia in prelatura,
Avanti d’annà in opera e in figura
È cchiamato, e jj’incarteno un proscesso.7

     Io l’oppiggnóne mia ggià vve l’ho ddetta:
Chi vvolete che ssii tanto cojjone
Da fasse8 appiccicà cquela pescetta?9

     Co’ sto proscesso sai quante perzone
Invesce d’abbuscà10 la mantelletta
Sarìeno asposte11 a tterminà in priggione.

19 marzo 1834.

  1. Vendo, ma qui sta per “dico.„
  2. Comperata, per “udita.„
  3. Ci ho.
  4. Una beffa.
  5. Dicono.
  6. Essere.
  7. Allude al processo che sostengono coloro che aspirano ad una prelatura non di grazia. In questo processo si esaminano i meriti personali, il sangue della progenie, la condizione, e più di tutto il censo del candidato. Ma poi tutto va come può.
  8. Farsi.
  9. Appiccicare una pecetta sarebbe come “applicare un cataplasma di dubbia azione.„
  10. Buscare.
  11. Sarebbero esposte.