Pagina:Sonetti romaneschi III.djvu/182

172 Sonetti del 1834

LE VARIAZZION DE TEMPI

     Ohé, Ggiachimantonio!1 oh scicoriaro!2
Come te tratta marzo?... Nu’ lo senti
Si cche rrazza de buggera de venti?
Sémo tornati ar mese de ggennaro.

     Come potémo3 poi èsse4 contenti?
Stam’5 alegri, ch’è ppropio un gusto raro!
Un giorno bbulli6 che ppari un callaro:7
L’antro8 ggiorno che vviè sbatti li denti.

     Ha rraggione er Ziggnore ch’è ppeccato
De dì a llui, ch’è er padrone, bbuggiarallo;
Ché ssi nnò9 ggià cce l’averìa10 mannato.11

     Quanno er Monno voleva frabbicallo,12
Nun era mejjo avéllo13 frabbricato
Da fàcce14 o ssempre freddo o ssempre callo?15

14 marzo 1834

  1. [Giacomo-Antonio.]
  2. [Cicoriaro: venditor di cicoria. Ma qui forse è detto per ischerzoFonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte]
  3. Possiamo.
  4. Essere.
  5. Stiamo.
  6. Bolli.
  7. Caldaio.
  8. Altro.
  9. Ché altrimenti.
  10. Avrei.
  11. Mandato [a farsi ecc.].
  12. Fabbricarlo.
  13. Averlo.
  14. [In modo da] farci. [Cioè: “che ci facesse.„]
  15. Caldo.