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164 Sonetti del 1834

UNA DIMANNA1 LESCIT’E ONESTA.

     Tra la mandra de tanti alletterati,
Io nun ho ancora trovo2 chi mme dichi3
Si a li tempi che cc’ereno l’antichi
L’ommini se vestiveno d’abbati.

     Io so cch’Adamo, pe’ li su’ peccati,
Se vistì cco’ le fronne4 de li fichi;
E Ccristo, Erode, e ll’antri su’ nimmichi
Nun vistìrno da preti né da frati.

     Poi venne a Rroma Romolo e Mmaometto,
Ma ggnisun de li dua cór collarino,
Co’ la chirica e ccór farajoletto.5

     Dunque chi ll’ha inventato sto lumino?6
A vvoi, sori dottori de l’ajjetto,7
Fateve avanti a stroligà8 un tantino.

11 marzo 1834.

  1. Dimanda.
  2. Trovato.
  3. Mi dica.
  4. [Fronde, che in romanesco vuol dire sempre “foglie.„]
  5. [Quella striscia di seta, che gli ecclesiastici portano dietro le spalle, al di sopra dell’abito, e che fermata al collo con due nastri, cade fin presso al tallone. Ferraiolino, in Toscana.]
  6. Il cappello triangolare de’ preti, consimile a certe lucernette di terra [chiamate appunto lumini].
  7. Aglietto.
  8. [Strologare]: speculare, almanaccare, ecc.