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Sonetti del 1834 | 163 |
LI SCIARVELLI1 DE LI SIGGNORI.
Disce er padrone mio che cce so’2 Ingresi
Ch’oggni tantino attaccheno la posta,
E a le du’ a le tre3 vvièngheno apposta
Da quer cùlibbus-munni4 de paesi,
Nun antro5 che ppe’ vvede6 in certi mesi
La Cascata der Màrmoro,7 discosta
Sei mia8 da Terni, indove sc’è anniscosta9
’Na grotta10 che11 cce vò li lumi accesi.
Guarda mo ss’io volesse12 tiené ppronte
Oggnisempre le gubbie13 ar carrozzino
Pe’ un po’ d’acquaccia che vviè ggiù dda un monte!
O ssai che cce vorìa?14 Che l’Avellino15
(Ché cquesto è er nome che jje dà er zor Conte),
In cammio16 d’acqua, scaricassi17 vino.
9 marzo 1834.
- ↑ I cervelli.
- ↑ Ci sono.
- ↑ Di tempo in tempo: ogni due o tre volte una.
- ↑ Una persona dimorante assai lungi dicesi stare in Culibus mundi.
- ↑ Non per altro.
- ↑ Per vedere.
- ↑ Delle Marmore. Notisi qui che màrmoro è detto da alcuni per “marmo.„ Per esempio: Una bella statua, tutta de màrmoro.
- ↑ Sei miglia.
- ↑ Ci è nascosta.
- ↑ Grotta di stalattite.
- ↑ Per cui, o in cui.
- ↑ Volessi.
- ↑ [Coppie di cavalli.]
- ↑ Ci vorrebbe.
- ↑ Il fiume Velino, che forma la cateratta sul punto di confluenza con la Nera.
- ↑ In cambio.
- ↑ Scaricasse.