Pagina:Sonetti romaneschi III.djvu/163


Sonetti del 1834 153

essere d’autore.      14 Si figuri...      15 E certo, due ritratti somiglianti di S. Michele Arcangelo e del diavolo, e più dipinti da un pittore, non hanno prezzo.


LI GUAI DE LI PAESI.

     Cqua ’ggni du’ ggiorni o ttre ppe’ ssittimana
Ch’ar padrone j’arriva la gazzetta,
Nun ze sent’antro a ddì1 cche la Fajetta
Scombussola la Francia sana sana.2

     Pussibbile, per dio, ch’a sta p......
Nun j’abbi da pijjà mmai ’na saetta!
Nu l’impiccheno mai sta mmaledetta,
Che vvò atterrà la riliggion cristiana?

     L’istesso è dde l’Ingresi co’ cquer Billo:
Ché sto ladro futtuto l’arrovina,
E ancora nun arriveno a ccapillo.3

     Bbenedetta la Corte papalina,
Che ar meno, questo cqui bbisoggna dillo,4
Dà ppane ar boja e sse mantiè rreggina!

17 gennaio 1834.


  1. Non si sente altro a dire.
  2. [Intera intera.]
  3. A capirlo. Se è compatibile un plebeo di aver preso il Generale La-Fayette per una donna, che dovrà dirsi dell’Eminentissimo Capelletti (già Governatore di Roma, vice Camerlingo di Santa Chiesa e Direttore generale di Polizia) il quale si scagliò con veementi parole contro quel rivoluzionario di Monzù Bill d’Inghilterra, al tempo della riforma parlamentaria?
  4. Dirlo: [confessarlo].