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140 | Sonetti del 1834 |
ER MONZIGGNORINO DE GARBO.1
Quanno nun z’abbi2 da poté ffidasse3
Manco4 ppiù dde siggnori e dde prelati,
Nun c’è dda fà ggnent’antro5 che bbuttasse6
Pe’ tterra, cristo mio, pe’ ddisperati.
Bbravo! perché le stime ereno bbasse,
E vvedevo li tomi arilegati,
Io mo avevo da crede7 che ste casse
De libbri vecchi fùssino arrubbati.
Cresi8 che, mmorto er padre, er prelatino
Volessi9 bbastonà10 la libbraria
Pe’ ccrompàccese11 un schioppo e un carrettino.12
Che sso’13 io? er profeta de l’urione,14
Pe’ ssapé15 che li libbri che ddà vvia16
Monziggnore li scrocca a la lauzzione?17
10 gennaio 1834.
- ↑ Avvertiamo che l’interlocutore qui appresso introdotto, è un certo tale, conosciuto in Roma sotto il nome del Rosso, il quale di servitore che era, messosi a fare il libraio, compera a peso o a proporzione del formato i libri de’ librai falliti, o di chiunque altro abbia desiderio o bisogno di disfarsene. Tra questi un prelatino, figlio di principe romano, acquistò a credito a un pubblico incanto (o, come dicesi, auzione) per cento scudi circa di libri, che subito rivendè a contanti al Rosso per circa scudi venti, senza mai più pagare il creditor principale. Questa è la base del seguente sonetto, nel quale il Rosso si discolpa di una specie di complicità attribuitagli in un furto, del quale non si fece altronde alcuna colpa al prelatino figlio di principe.
- ↑ Non si abbia.
- ↑ Poter fidarsi.
- ↑ Nemmeno.
- ↑ Nient’altro.
- ↑ Buttarsi.
- ↑ Da credere.
- ↑ Credetti.
- ↑ Volesse.
- ↑ Sacrificare, vendere con perdita.
- ↑ Comperarcisi.
- ↑ Vettura da caccia.
- ↑ Sono.
- ↑ Del rione.
- ↑ Per sapere.
- ↑ Vende.
- ↑ All’auzione.