Pagina:Sonetti romaneschi II.djvu/410

400 Sonetti del 1833

ER GIUCATOR DE PALLONE

     Ar Bervedé cc’è ppoco.1 Er Papa vola
Che ppe’ vvolate2 manco Ggentiloni!3
Ma in partita è ttareffe,4 e ffa cciriola,5
Ché li falli sò assai più de li bboni.6

     Che sserve che nnoi poveri cojjoni
Je seggnamo le cacce?7 A cquella scòla
De mannà ssempre a sguincio8 li palloni,
Si ll’impatti è pper dio grasso che ccola.9

     Ggiuchi a ppassa-e-rripassa, o ccór cordino,10
Dà llui solo l’inviti e le risposte,11
E vvò stà ssempre lui sur trappolino.12

     Cuann’è all’onore poi,13 fa ccerte poste14
Scerte finte,15 c’a èss’io Tuzzoloncino16
Je darebbe er bracciale in de le coste.

Ne le partite toste17
O nne le mossce18 s’ingeggna, er bon prete
Cor vadi e vvienghi, e cquale la volete.19

Tira sempre a la rete20
Cuann’è in battuta, e nnun fa mmai un arzo
O rribbatti de primo o dde risbarzo.21

Ar chiamà22 cchiama farzo;
E ssi23 er quinisci24 penne da la tua,
Procura de tornà ssempre a le dua.25

Ha una regola sua
Oggni tanto de dà ffora una messa26
Pe’ ffàtte ariddoppià la tu’ scommessa;

  1. Manca poco al vedersi gli effetti. Notisi che quel modo proverbiale è tolto dal Belvedere, luogo sotto il Museo Vaticano, dove sino agli ultimi anni si giuocava al pallone.
  2. Volare, volate, cioè: «iattare, iattanza, sfoggio di vane promesse». Al giuoco di pallone si dice volare e far volare il mandare di prima battuta i palloni oltre i termini estremi della palestra.
  3. Rinomato giuocator di battuta, o battitore.
  4. Fallace.
  5. Far ciriola: intendersi segretamente cogli avversari, in fraude di chi è con lui o tiene dalla sua.
  6. Dicesi fallo o buono, secondo che il pallone trapassi o no le linee che limitano o partono l’arena.
  7. Le cacce sono quei punti sui quali un giuocatore di rimando ha arrestato in qualunque modo un pallone si che non trascorra più lungi, ciò che egli si sforza di eseguire il meno discosto che può dalla battuta di dove poi egli stesso è obbligato ad oltrepassare quel segno, onde vincere il giuoco. Segnar le cacce, significa: «notare gli altrui mancamenti».
  8. A sghembo.
  9. È, cioè, il maggior dei successi.
  10. Il giuoco a passa-e-ripassa, è quello in cui si conviene di non dovere che oltrepassare la linea media della palestra. Quello poi del cordino consiste nel superare una corda attaccata in alto e attraversante la rena in sito e direzione parallela alla detta linea media.
  11. L’invito è una specie di scommessa fra giuocatori, che vinta o perduta da ciascuna delle parti avversarie, le raddoppia il successo favorevole o contrario della partita. La risposta è l’accettazione o il rifiuto dell’invito, con certe regole che qui sarebbe inopportuno e lungo il riferire.
  12. Tavolato inclinato dal quale discende il battitore, onde il colpo prenda più vigore dall’urto del corpo in discesa.
  13. All’onore, così gridasi dal chiamatore o cacciarolo, al principiarsi dell’ultima partita.
  14. Poste: i palloni colpiti in aria, prima cioè che abbiano toccato terra, ciò che sarebbe di balzo.
  15. Finte: astuzie di giuoco, come dimostrare gran colpo e colpir piano e viceversa, ovvero di dirigere il pallone altrove che non si era accennato, ecc. ecc.
  16. Tuzzoloncino: giuocatore rinomato per la sua forza, e detto Tuzzoloncino dal tuzzare o percuotere. Tuzzolone poi era altro giuocatore più robusto di lui.
  17. Partite di dura prova.
  18. Il rovescio della nota 17.
  19. Formule d’invito o accetta- zione, di che vedi la nota 11.
  20. In fondo all’arena è un palchettone, coperto da una rete, che difende gli spettatori. Chi percuote in quella o al disopra indeterminatamente, fa volata. Vedi la nota 2.
  21. Vedi la nota 14.
  22. Il chiamare è dire ad alta voce il numero dei punti de’ quali si è in guadagno.
  23. Il quindici, ossia una quarta parte della partita, che si divide in quindici, trenta, quaranta, e cinquanta. Ciascuno di questi quattro numeri dicesi abusivamente un quindici.
  24. Pende, inclina.
  25. Quando entrambi gli avversari, fatti nella partita pari guadagni, sono giunti egualmente a quaranta, cioè al terzo quindici (vedi la nota 4), si torna alle due, cioè si retrocede al punto anteriore, cioè ai trenta, vale a dire si torna a passare due volte per quel grado, onde la partita abbia più probabilità di eventi e non termini di un sol colpo al cinquanta, che ne è il fine.
  26. Messa: posta pecuniaria delle scommesse.