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Sonetti del 1833 371

section begin="9"/>asciarsiFonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte ingannare, specialmente poi da chi non arrivasse in tempo. Confesso però che per uniformare il testo a questa interpetrazione, ho messo io il corsivo e la virgola alla frase sacramentale: vienite davanti.]


ER CORUCCIO

     Sò1 bbello accusì nnero? eh? ddi’, sò bbello?
Nun paro2 er Mannataro de la Morte?
Stamo in guai, cammerata, ma in guai forte:
Sò ffinite le scene3 in zur più bbello.

     Er padrone ha sserrato mezze porte,
E ccià4 mmesso sto scencio5 sur cappello,
Pe’ vvia ch’è mmorto er zoscero ar fratello
De la mojje der fijjo de la corte.

     Tu nun hai da guardà ll’Immassciatore
Si6 rride co’ nnoantri e sse ne fotte:
Abbasta che ppe’ nnoi piaggni er colore.

     Tratanto hai da sapé che sto dolore
Ha da durà tre mmesi e mmezza notte:
Poi mettemo er coruccio ar cacatore.7


Roma, 18 gennaio 1833


  1. Sono.
  2. Paio, sembro.
  3. Cene.
  4. Ci ha.
  5. Cencio.
  6. Se.
  7. Espressione di molto uso, allorchè si vuol fare intendere il poco interesse che si prende di certi avvenimenti che altri vorrebbe farci sentire calamitosi.