antica servitù per la quale alcuni di essi ne’ giochi carnevaleschi a Piazza Navona dovevano fare come da somari, per cavalcarvi sopra, ai lottatori del popolo basso, e negli stessi giochi a Testacelo dovevano prestarsi per il medesimo servizio agii Officiali di Milizia (V. il Ristretto di Fatto e di Ragione, presentato dall’avv. Duranti Valentini alla Sacra Congregazione ad referendum deputata da Gregorio XVI, sulla Romana di Esenzione di pesi per la Università Israelitica ecc.; Roma, 1837); — 2,° altri scudi 300, prezzo d’altro riscatto, fissato da Clemente IX nel suo chirografo del 28 gennaio 1668, per esonerarli dall’obbligo che il primo lunedì del carnevale i loro Fattori con ruboni, accompagnati da molti ebrei, precedessero a piedi la Cavalcata solita farsi dalli Magistrati della Città di Campidoglio per tutto il Corso, e dall’altro obbligo, anche più grave, che alcuni de’ loro giovani, nel medesimo giorno e nella medesima strada, corressero al Palio per loro dal Popolo Romano destinato: e destinato, s’intende, insieme con ogni sorta di maltrattamenti e di scherni (In., ibid.); — 3,° finalmente, scudi 20, cominciati a pagare nei 1828, per liberarsi dall’obbligo. che avevano da tempo immemorabile, di parare ogni anno, nella ricorrenza del carnevale, il Palco degli Eccmi Signori Conservatori di Roma, ed Illmi Signori Giudici delle Mosse, sulla Piazza del Popolo. (Atto del notaro capitolino Wan-Roy Formicini, 24 febb. 1828.) Stando le cose in questi termini, come mai dunque tutti credono e tanti scrittori affermano che i palj fossero dati dalla Comunità Israelitica, e il Moroni (art. Ebrei) arriva perfino a farlo dire al chirografo di Clemente IX, che in verità non ne parla punto? L’errore, secondo me, è più di forma, che di sostanza; poichè già nello Statuto di Roma (a. 1580) è ordinato che de’ 1130 fiorini (equivalenti agli scudi 531, 57), prelevati che fossero per far dire una messa i fiorini 30, i quali erano stati aggiunti espressamente in memoria de’ 30 danari di Giuda, tutti gli altri dovessero spendersi per i giochi carnevaleschi, e cioè: per la gualdrappa, sella ed altri ornamenti del cavallo del Senatore; per le vesti di seta de’ Cancellieri; per i sonatori, banditori, trombettieri; per il campanaro, il mozzo di stalla, il barbiere, il guardiano de’ porci che si facevano precipitare dal Monte Testacelo, ecc. È quindi naturale che quando a codesti giochi fu sostituita la corsa de’ barberi, si continuasse a spender per questa ciò che prima si spendeva per quelli. Sommati infatti i tre tributi, formano scudi 851, 57: e i bilanci capitolini anteriori al 1848 registrano appunto scudi 800 per il Carnevale, ed altre spese di minor conto (Cfr. Morelli, Delle Finanze del Comune di Roma; Roma, 1878: pag. 14); onde è