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274 | Sonetti del 1832 |
L'INNUSTRIA
Un giorno che arrestai1 propio a la fetta,2
Senz’avé mmanco l’arma d’un quadrino,
Senti che ccosa fo: curro ar cammino
E roppo in cuattro pezzi la paletta.
Poi me l’invorto sott’a la ggiacchetta3
E vvado a spasso pe’ Ccampovaccino,4
A aspettà cquarche ingrese milordino5
Da dajje una corcata6 co l’accetta.
De fatti, ecco che vviè cquer c’aspettavo.
“Signore, guardi un po’ cquest’anticajja
C’avémo trovo jjeri in de lo scavo„.
Lui se ficca l’occhiali, la scannajja,7
Me mette in mano un scudo, e ddisce: “Bbravo!„.
E accusì a Rroma se pela la cuajja.8
Roma, 23 dicembre 1832
- ↑ Restai.
- ↑ Al verde. [Forse la frase deriva dalla distribuzione della fetta di pane, che i conventi e altri facevano e fanno tuttora a' poveri in certi giorni della settimana.]
- ↑ Vestito corto de’ volgari.
- ↑ Campo-vaccino, o Foro-boario: nomi moderni del Foro Romano. [Perchè in tempi barbari, e pur troppo non remoti, servi di mercato per il bestiame vaccino. Fonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte]
- ↑ Vedi il sonetto...[Un antro vitturino, 14 dic. 32, nota 1]
- ↑ Colcare alcuno, vale: “farlo giù, ingannarlo„.
- ↑ La scandaglia, la osserva.
- ↑ [Quaglia.]