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Sonetti del 1832 | 265 |
UN INDOVINARELLO.1
Disse uno un giorno a ccerte ggente dotte:
“Spiegate cuesta cqui. Noi sémo in zette,
E a ttavola oggni ggiorno sce se mette
Venti fujjette2 e ttrentasei paggnotte.
Ma cquanno che svinassimo le bbotte,3
S’apparecchiò cco’ ssedisci sarviette:
E in tutti se finì tra ggiorno e nnotte
Diesci paggnotte e ddodisci fujjette.„
Pare una cosa che ggnisuno intenna,
Una cosa da mettese er braghiere,4
Che ppiù sséte5 a mmaggnà, mmeno se spenna.6
Eppuro oggi è vvienuto un cavajjere,
Che l’ha pprovata a ccalamaro e ppenna,
E ccià mmesso er ziggillo un tesoriere.7
Roma, 21 dicembre 1832.
- ↑ [Un indovinello. Vedine un altro, del 23 dic. 32.]
- ↑ Foglietta: misura di vino, 1/108 di un barile.
- ↑ Svinammo le botti. Nel giorno della svinatura, cioè del travasamento dei vini dopo il fermento, si suole far convito al luogo della operazione.
- ↑ Ridere fino a contrarne ernia.
- ↑ Siete.
- ↑ Spenda.
- ↑ In una percezione a dieciottienno del dazio sul macinato dei grani, si è fra le altre fraudi assegnato dal percettore un provento minore nell’anno 1825, nel quale, come anno-santo, la popolazione di Roma fu almeno triplicata. Tutte le sottrazioni di quell’appalto si fanno ascendere dai due ai tre milioni di scudi in una dimostrazione a stampa presentata ai tribunali il 9 novembre 1832. Vedila.