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260 | Sonetti del 1832 |
LI FRATELLI MANTELLONI
Ma cchi? cquelli che vvanno ar Caravita1
La sera, e cce se sfrusteno er furello?2
Sò ttutti galantommini, fratello;
Ggente, te lo dich’io, de bbona vita.
Cuarcuno, si ttu vvòi, porta er cortello:
A cquarcuno je piasce l’acquavita:
Cuarchidunantro è un po’ llongo de dita;3
Ma un vizzio, ggià sse sa, bbisogna avello.4
Ma ppoi tiengheno ttutti er mantellone,
E ccór Cristo e le torce cuann’è ffesta
Accompaggneno er frate a le missione.
E ’ggni sera e per acqua, e ppe’ ttempesta,
Vanno pe’ Rroma cantanno orazzione
Coll’occhi bbassi e ssenza ggnente in testa.
Roma, 19 dicembre 1832
- ↑ Oratorio annesso alla casa gesuitica di Sant’Ignazio, e dai padri Gesuiti ufficiato. Fu fondato da un padre Caravi; o Garavita di Terni, e serve ad uso di esercizio di pietà Ivi si danno i così detti Esercizi alle Dame: ivi è un’opera di missioni: ivi è eretto un sodalizio di compagni e collabo: ratori de’ missionari, detti volgarmente i Mantelloni, dal lungo mantello nero che indossano: ivi finalmente, oltre le funzioni diurne dei giorni feriali e festivi, in ciascuna sera dell’anno dall’avemaria alla prima ora della notte si adunano molti uomini a recitare preci, a udire dei sermoni, a confessarsi, in tutti i venerdì, come in altre sere della settimana, a di sciplinarsi: ciò che si eseguisce al buio, non senza gravi i convenienti talora accadutivi. Terminato quindi il tratteni- la città, recitando il rosario interpolato da canzoncine divote: e tanto bene prendono misura fra il tempo e la via, che giunti chi a tale e chi a tal altra Madonna, delle quali non è penuria per le strade di Roma, ivi come a meta del loro viaggio termina appuntino il rosario e s’intuonano le litanie. Al fine di queste e di altre orazioncelle, parte in prosa e declamate, ‘parte in versi e cantate, ciascuno al saluto di Sia laudato Gesùcristo risponde con un Sempre sia laudato, e va al suo qualunque piacere.
- ↑ Ano.
- ↑ Ladro.
- ↑ Averlo.