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Sonetti del 1832 | 145 |
dato a’ più abbietti della plebe. [Nel plur., panzenere. Dal mostrare tra i panni logori e scarsi la pancia annerita dal sole. Oggi non se ne vedono più; ma il nome è rimasto anche nell’Umbria nel senso metaforico, ed è testimonio di tempi assai più tristi de’ nostri.] 3 Diavolo. 4 Viso. 5 Abito. [Ma sempre in tono scherzevole.] 6 [Mi cavo il cappello.] 7 Nome di sprezzo. 8 Stanza di residenza del parroco. [Più propriamente: è quella stanza attigua alla chiesa e per solito a pianterreno, nella quale il parroco dà le sue udienze ai parrocchiani.] 9 [Bartolommeo.] 10 Mi afferra la mano.
PAPA-LEONE.
Prima che Ppapa Ggenga annassi sotto
A ddiventà cquattr’ossa de presciutto,
Se sentiva aripete da pertutto
Ch’era mejjo pe’ nnoi che un ternallotto.1
Cquer che fasceva lui ggnente era bbrutto;
Cuer che ddisceva lui tutto era dotto:2
E ’gni nimmico suo era un frabbutto,
Un giacubbino, un ladro, un galeotto.
Ma appena che ccrepò, tutt’in un tratto
Addiventò cquer Papa bbenedetto
Un zomaro, un vorpone, un c....matto.
E accusì jj’è ssuccesso ar poveretto,
Come li sorci cuann’è mmorto er gatto
Je fanno su la panza un minuetto.
Roma, 25 novembre 1832.