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Sonetti del 1832 | 141 |
ER PARADISO.
No, Rreggina1 mia bbella, in paradiso
Nun perdi tempo co’ ggnisun lavoro:
Nun ce trovi antro che vviolini, riso,
E ppandescèlo,2 ciovè ppane d’oro.
Là, a ddà udjenza ar giudìo, pòzz’èsse acciso!, 3
Nun ce metteno er becco4 antro che llòro;5
Come si ttutto-cuanto sto tesoro
Fussi fatto pe’ un c.... scirconciso. 6
Ecco che ddisce7 sto ggiudìo scontento: 8
“Sopra li lèggi vecchi, mordivói,
Per vita mia! sta tutto el fonnamènto.„9
Ma llui nun za10 che Ggesucristo poi,
Ner morì, fesce un’antro testamento,
E ’r paradiso l’ha llassato a nnoi.
Roma, 23 novembre 1832.
- ↑ Regina è presso il popolo un comune nome battesimale.
- ↑ Panem de coelo.
- ↑ Modo tolto dal vernacolo napoletano.
- ↑ Mettere il becco, cioè: “penetrare.„
- ↑ Essi (con entrambe le o larghe).
- ↑ Circonciso.
- ↑ Dice (con la c strisciata).
- ↑ Sgarbato, spiacevole.
- ↑ Maniera di parlare degli ebrei romani. Mordivói è una parola con la quale esclamano nel parlare altrui, o se ne servono come di voce pronominale di apostrofe. Per vita mia, uno deFonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte giuramenti ebraici. Fondamento [fonnamènto] con la e larga.
- ↑ Non sa.