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128 Sonetti del 1832

LA FIJJA AMMALATA.

     Ccos’è, ccos’è! cquer giorno de caliggine
Lèi vòrze1 annà dde filo2 ar catechisimo.
Bbe’, in chiesa j’ariocò3 cquela4 vertiggine,
Ch’er dottore la chiama er passorisimo.5

     Mo er piede che cciavéva6 er rumatisimo
Je se fa nnero come la fuliggine,
E nnun ce sente manco er zenapisimo:
Li spropositi, fijja:7 ecco l’origgine.

     Smania che in de la testa cià8 uno spasimo,
Che mmanco pò appoggialla ar capezzale...
Te pare bbrugna9 da nun stà in orgasimo?

     Ha er fiatone,10 ha un tantin d’urcere in bocca...
Pe’ mme, ddico che sgommera;11 e a Nnatale
Dio lo sa cche ppangiallo12 che mme tocca.

Roma, 19 novembre 1832.

  1. Volle.
  2. Per forza.
  3. Le [si] ripetè. Traslato tolto dal giuoco di dadi, chiamato dell’Oca, dove ciascuna volta che arrestandosi sopra un punto nelle case, dispostevi in numero di 61, vi si trova segnata un’oca, si ripete in avanti il punto. Quindi il riocare. [Lo stesso valore, così nel proprio come nel metaforico, ha il toscano: rinnocare.]
  4. Medesima osservazione, tra ariocò e cquela, che si trova in nota al sonetto Er legno a vvittura [13 nov. 32].
  5. Parossismo.
  6. Ci aveva.
  7. Qui è termine di sola benevolenza.
  8. Ci ha.
  9. Disastro rilevante.
  10. Affanno.
  11. Sgombra: traslato preso dallo sgombro delle case, che in Roma dicesi lo sgommero. Qui sta per “partire dal mondo.„
  12. Specie di pane con mandorle e uve appassite, che mangiasi a Natale. Esso è colorito sovente con dello zafferano.