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Sonetti del 1832 | 125 |
LE SCOLE.
Sai cuant’è mmejjo a llavorà llumini1
E a ffrabbicà le cannele de sego,2
O annà a le quarant’ore3 a ffà cquadrini
Co’ le diasille e ccór devoto prego;
Che de mette li fijji a li latini
E a bbiastimà ccór paternostro grego,
Tra cquella frega4 de scisceroncini5
Indóve in cammio d’io c’è scritto Diego?6
Causa de sti vorponi ggesuiti,
Che sfotteno7 e ss’inzogneno la notte
Come potecce fà ttutti aruditi.
Pe’ li mi’ fijji a sti fratacci fessi
È ddègheta;8 e sse vadino a ffà fotte
Lòro e cquer Papa che cce l’ha arimessi.
Roma, 18 novembre 1832.
- ↑ Lumini per la notte.
- ↑ Candele di sevo.
- ↑ La periodica esposizione della eucaristia per le chiese di Roma per tutto il corso dell’anno; chiamata dalle Quarant’ore. I ciechi sogliono assidersi in due ale fuori dalle porte del tempio, invitando i fedeli a soccorrerli, in contracambio di diesille e di devoti preghi, che offrono loro per suffragio delle anime del purgatorio.
- ↑ Moltitudine.
- ↑ Ciceroncino è chiamato per le scuole il libro delle selectae di M. Tullio.
- ↑ Un chierico, interrogato dal sagristano come si svolgesse in latino il pronome io, rispose ïus, ii. – Sagris.: Di’ ego. – Chierico: Ah! è vero: Diego, Diegonis.
- ↑ [Intrigano.]
- ↑ È nulla, è pensiero fallito, ecc.