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216 Sonetti del 1831

ER CONTO DELL’ANNI.

     Mo ffamo er conto. Avevo ammalappena,1
Quanno che mme sposai, quattordiscianni:
De quattordisci e mmezzo fesce2 Nèna:3
De disciassette partorii Ggiuvanni.

     Questi ch’ho detto sò li dua ppiù granni:
Nèna ha ddiescianni pe’ la Madalena;
E Nnino,4 senza tanto che m’affanni,
Finì jjerzera dodiscianni a ccena.5

     Cqua ddunque nun ce fiocca e nun ce piove:6
Dodisci e ddisciassette, ar mi’ paese,
Vièngheno a stà,7 mme pare, a vventinove.8

     Perchè nun zo’ ’na gallina pollese,9
Mostro un po’ d’avantaggio; ma a le prove
Ho in punto mo vventinov’anni e un mese.

Roma, 24 novembre 1831.

  1. [A-mala-pena: appena appena.]
  2. Feci.
  3. [Maddalena.]
  4. [Per lo più significa “Giovanni.„ Ma tutti i nomi personali maschili che prendono la desinenza vezzeggiativa in ino, possono accorciarsi in Nino, dal quale poi si formano Ninetto e Ninaccio. Nina invece è, nell’uso comune, accorciamento di Caterina soltanto.]
  5. [A ora di cena.]
  6. Questo è sicuro. [Nell’Umbria: non ce piove e non ce néngue, dal lat. ninguit, ningit.]
  7. [Vengono a stare: vengono a sommare.]
  8. [Anzi, contando dall’età della figliuola, ne avrebbe poco più di ventiquattro!]
  9. Gallina pollese si dice “a quelle donne, le quali, per gentil proporzione di piccole membra, dimostrano età minore del vero.„