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Sonetti del 1831 | 215 |
notificare che “la Santità di Nostro Signore„ s’era “degnata di approvare„ due nuovi Regolamenti, uno di procedura civile, e l’altro, del quale nell’editto si davano alcune delle prescrizioni più importanti, contenente “la organizzazione delle Magistrature Criminali, ed il modo di procedere nelle Cause dei delitti e delle contravvenzioni.„ Può però anche darsi che il sonetto sia stato scritto per fare il paio col precedente.] 2 [Ora dicono l’attacchino.] 3 Essere. 4 Anticaglia. 5 Voltandosi. 6 Pure. 7 Te la fa. 8 Figùrati. 9 [Perso], perduto. 10 Il cervello.
ER MARITO AMMALATO
Avevo inteso da che mmonno è mmonno
Ch’er più ppeggio che ffussi era la morte;
E cche dde dua c’aspettano sta sorte,
Un’e ll’antro vorebb’èsse1 er ziconno.2
Ma ttu cch’hai sempre st’ideacce storte,
Mannaggia3 la nepote de tu’ nonno!,
Dichi mo che sta mmejjo chi vva a ffonno,
Ché ’r penà de chi rresta è ttroppo forte.
E mme vòi fà pparé ddorce st’agresta4
Oggi che la salute me se sfraggne!5
Tristo chi mmore e bbuggiarà cchi resta.6
Ebbè, pìjjete7 tu le mi’ magaggne;
E ppe’ llevatte8 sti grilli da testa
Vatt’a ffà bbuggiarà,9 cch’io resto a ppiaggne.10
Roma, 24 novembre 1831.