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Sonetti del 1831 | 207 |
ER TIRATIRA.1
Nun te so cche rrisponne:2 e ddichi3 poco
Quanno me chiami crapa4 e ggallinaccio:
Su sta mmerda sce5 do ssempre er gruggnaccio;6
E ’r più pegg’è7 che mmai nun trovo loco.
La strega che ccapiva ch’er mi’ foco
Stava agguattato8 sotto ar cenneraccio,9
M’ha pijjato nell’ora der cazzaccio,10
E ecco cqui ricominciato er gioco.
L’ambra nun trova sempre la pajjetta:11
Tutto er ferro nun cià12 la calamita;
E nun c’è pe’ ’ggni uscello13 una sciovetta.14
Ma p’er cristiano15 sta ssempre ammannita,
Come tavola d’oste, una saetta
Che de natura sua tira a la vita.
Roma, 23 novembre 1831.
- ↑ Tira tira: “un oggetto attraente,„ e specialmente “una donna amata.„
- ↑ Non so che risponderti.
- ↑ Dici.
- ↑ Capra: sciocco.
- ↑ Ci.
- ↑ Il viso.
- ↑ E il peggio è.
- ↑ [Acquattato], nascosto.
- ↑ [Ceneraccio, cenerone, qui è detto scherzevolmente per “cenere.„]
- ↑ Dicesi che qualsivoglia uomo abbia ogni giorno un’ora di debolezza.
- ↑ Paglietta.
- ↑ Non ci ha: non ha.
- ↑ Per ogni uccello.
- ↑ Civetta.
- ↑ Pel cristiano: per l’uomo. I soli cristiani sono uomini. Tutti gli altri non sono uomini, ma turchi, ebrei, ecc.