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150 | Sonetti del 1831 |
ER PRANZO DE LI MINENTI.1
Ch’avéssimo?2 un baril de vin asciutto,3
Du’ sfojje4 co’ rragajji5 e ccascio tosto,6
Allesso de mascello,7 un quarto8 arrosto,
E ’na mezza grostata:9 ècchete tutto!
Ce fussi stato un frittarello, un frutto,
O un piattino ppiù semprice e ccomposto!...
Cert’antra ggente che ce stiéde accosto,
C’ebbe armanco deppiù fichi e presciutto!
Si ppoi vòi ride, mica pan de forno
Ce diede, sai? ma ppagnottoni a ppeso,
Neri arifatti10 de scent’anni e un giorno.
Oh, tu azzécchece11 un po’ cquanto fu speso!...
Du’ testonacci12 a ttesta, o in quer contorno!13
E cce vònno riannà?14 Bravo, t’ho ’nteso!15
15E io che mm’ero créso16
D’impiegà un prosperuccio-lammertini,17
Ciò impeggnato a mmi’ mojje l’orecchini.
Terni, 8 ottobre 1831.
- ↑ Minenti (da eminente): così chiamansi coloro che vestono l’abito proprio del volgo romanesco.
- ↑ Avemmo.
- ↑ Vin brusco.
- ↑ Lasagne.
- ↑ Visceri di pollo. [Rigaglie.]
- ↑ Cacio pecorino.
- ↑ Carne di macello dicesi la “carne grossa.„
- ↑ Quarto, assolutamente, è un “quarto di bacchio o abbacchio, cioè agnellino da latte.„
- ↑ Specie di sfogliata. [Crostata.]
- ↑ Stantii.
- ↑ [Azzeccaci], indovinaci.
- ↑ Testone è moneta d’argento da tre paoli. [Poco più d’una lira e mezzo delle nostre.]
- ↑ Incirca. [Meglio: “o giù di lì.„]
- ↑ Riandare, ritornare.
- ↑ Così dicesi da chi non vuol far nulla di quanto udì.
- ↑ Creduto.
- ↑ [Un papetto, poco più d’una lira nostra.] V. la nota... [3] del sonetto... [La penale, 3 dic. 32].