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148 Sonetti del 1831

SANT’USTACCHIO.

     Sto scervio co’ sta crosce e co’ sta bboria
Ch’edè?1 Babbào!2 ciazzeccherai dimani.
Viè cquà, tté lo dich’io: cuesta è ’na storia
4Der tempo de l’arètichi pagani.

     T’hai duncue da ficcà nne la momoria
Ch’a li paesi lontani lontani
Sant’Ustacchio era un Re,3 Ddio l’abb’in gloria,4
8Ch’annava a ccaccialepri5 co’ li cani.

     Un giorno, tra li lepri ecco je scappa
Un cervio maschio, accusì poco tristo,
11Che llui s’affigurò de fàllo pappa.6

     Ma cquanno a bbrusciapelo l’ebbe visto
Co’ cquella crosce in fronte e in d’una chiappa,
14Lo lassò in pasce, e vvòrze7 crede a Ccristo.

Terni, 7 ottobre 1831.

  1. Cos’è?
  2. Voce di scherno.
  3. [Secondo i suoi biografi, questo celebre santo dal quale pretesero discendere i Conti di Tuscolo, e che si convertì al cristianesimo per la apparizione del Crocifisso tra le corna d’un enorme cervo a cui egli dava la caccia sul monte Vulturello a venti miglia da Roma, era un guerriero, salito ad alti gradi nella milizia, combattendo ne’ lontani paesi d’Oriente, sotto Traiano e Adriano. Il gesuita Kircher, il quale ne scrisse la vita più romanzesca che se ne abbia (Historia Eustachio-Mariana etc.; Roma, 1665), quasi quasi attribuisce a lui il merito di tutte le vittorie di Traiano, di cui lo crea Archistrategus, e al cui fianco lo fa entrare trionfatore in Roma. Che maraviglia, dunque, se il nostro popolano fa un passo più avanti e lo muta addirittura in Re?]
  4. Veramente il termine di maggior purità romanesca è grolia: ma talvolta dalle stesse bocche [dei popolani] si ascoltano sdrucciolare vocaboli e frasi improntate dal ceto civile.
  5. Il vocabolo caccialepri significa in Roma anche un’erbuccia da insalata, cioè.... [cioè quella che, secondo il Targioni-Tozzetti, si chiama anche insalatuccia, latticino, latticrepolo, lattugino, terracrepolo. Il Rigutini-Fanfani non registra altro che terracrepolo. Questo, dunque, dovrebbe essere il vocabolo fiorentino.]
  6. Colpirlo e ucciderlo a un tratto.
  7. Volle.