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Sonetti del 1830 | 67 |
bacio che i Romaneschi si danno sull’estremità delle cinque dita raccolte insieme, per esprimere non esserci più rimedio. 20 Ci fioccano. 21 Guai solenni. 22 Vai in rovina.
L’ORECCHIE DE MERCANTE.
Ggiuvenotti, chi ppaga una fujjetta?1
Se pòzzino a stroppià ttutti li guitti.
Èccheli sbarellati e sderelitti,2
Come l’abbi accoppati ’na saetta.
Quanno pagh’io, pettristo,3 a la Stelletta,4
Cùrreno com’aggnelli fitti fitti:5
Come poi tocca a llòro, tutti zitti.
Che bbèr negozzio de Maria cazzetta!6
E vvoi puro7 ch’annàte sempre lisscio,8
Sora faccia de culo de bbadessa,
Ch’edè9 che mmo vv’ariscallate er pisscio?10
Sor abbatino, sc’è cquarche scommessa?11
Badàmo, ch’a sto ggioco io bbusso e strisscio.
Oh annate a ppijjà er morto e a sservì mmessa.
Roma, 13 settembre 1830.
- ↑ Foglietta: [misura di capacità, equivalente a poco più di mezzo litro].
- ↑ Attoniti, vinti, cascanti.
- ↑ [Uno de’ soliti eufemismi, per non dire per Cristo.]
- ↑ Nome d’osteria.
- ↑ Affollati.
- ↑ Oh, faccio pur il bel negozio!
- ↑ Pure.
- ↑ Andar liscio: sottrarsi da qualche impegno. [Metafora presa dal gioco della briscola, nel quale si va liscio quando si gioca una carta che non vale nulla e non fa nè caldo nè freddo.]
- ↑ Che è? cos’è?
- ↑ Vi adirate?
- ↑ V’è qualche cosa da opporre?