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Introduzione dell'Autore ccxcix

Per le lettere vocali non dovremo fare osservazioni se non se intorno alla a alla e e alla o.

La prima esce sempre dalla bocca de’ romaneschi con un suono assai pieno e gutturale: l’acuto o il grave della seconda e della terza seguono le regole del dir polito, meno qualche incontro che all’occasione sarà da noi distinto con analoghi accenti.1

Basterà qui l’avvertire che niuna differenza si fa da e congiunzione ed è verbo, siccome neppure tra la o congiuntiva e la ho verbale: udendosi tutte pronunciare ugualmente con suono ben largo ed aperto.

Aggiungeremo a questo luogo che la i ne' monosillabi mi, ti, ci, si, vi, trasformasi in e, pronunciandosi me, te, ce, se, ve.2

Al contrario poi la e in se, particella condizionale, volgesi in i. Questo rilievo per altro apparterrebbe più alla grammatica che all’ortografia: e noi di grammatica non parleremo, potendone i vizii apparir chiaramente dagli esempii, i quali verranno all’uopo corredati da apposite note dichiarative.




  1. [Io ho esteso un po' questa norma, e mutato anche il volè e il perchè, il mommò e l’alò, ecc., del Belli, in volé e perché, mommó e aló, ecc., temendo che potessero credersi vocali larghe, mentre invece sono strette. E anche ho cambiato il suo pôi (puoi), vôi (vuoi), ecc, in pòi, vòi, ecc., come, del resto, scrive qualche volta egli stesso; e ho riservato l'accento circonflesso alle vocali realmente allungate, dove l'usa egli pure, quando non vi sostituisce la lineetta al modo latino. Ma, salvo questi e altri pochissimi e lievi cambiamenti, ho lasciata intatta la sua ortografia, anche là dove può parere o è in fatti contradittoria, come in cuccaggna e cuccagna, aggnéde e agnéde, cressce e cresce, boja e boia, sostenzorio e risponsorio, er zervitore e er servitore, ecc.]
  2. [Nella nota 5 del sonetto: La mojje ecc., 24 genn. 35, aggiunge ancora d'avere "adottato il sistema di accentuare il vocabolo me, allorchè significa me, e lasciarlo semplice quando sta per mi;, e di aver fatto altrettanto pel te e ti.]