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Prefazione cclxxvii


Vediamo.

“I sonetti del Fucini„ (cosi lo stesso De Amicis, a pag. 2-4) “sono piccole commedie o piccoli drammi, nei quali due, tre e fin quattro personaggi non solo parlano, ma operano, si muovono, spariscono e ritornano come in una vera commedia. Sono buone donne del popolo, operai, guardie nazionali, pescatori, giurati, studenti, magistrati, bambini, preti, accattoni, monelli, che discorrono delle loro faccende, si lamentano delle tasse, sparlano del governo, giocano al lotto, patiscono la fame, si canzonano, s’insultano, si picchiano, si soccorrono, si consolano; svolgono, insomma, dinanzi a chi legge, in cento sonetti, tutta la vasta e svariatissima tela della vita del popolo, come pochi grossi romanzi popolari lo fanno. “Strafalcioni madornali e verità solenni, scempiaggini grossolane e arguzie finissime, buffonate ignobili e tratti di cuore sublimi, feste clamorose e scene di disperazione che fanno piangere, bestemmie, oscenità, colpi di coltello e serenate amorose: v’è un po’ d’ogni cosa. V’è ritratto il popolo con tutte le sue ingenuità, le diffidenze, le superstizioni, le astuzie, la cocciutaggine; colto con sagacia maravigliosa in tutte le più sfuggevoli espressioni della sua indole, in casa, in piazza, in chiesa, al teatro, in tribunale, nelle tribune del parlamento; sorpreso a sdottorare di politica e di scienza, e a criticar leggi e istituzioni; fatto parlare con tutti i suoi idiotismi, colle sue storpiature, col suo linguaggio sfrenato, strapazzato e potente. E sono anche letterariamente sonetti nuovi. Vi si sentono (espressi con parole imitative che fanno parte del verso) ogni sorta di rumori, come pugni sui cappelli a staio, patte di gente in terra, tonfi di pietre nell’acqua, suoni di campane, scoppj d’applausi, guaiti di cani, fucili che cascano, sottane che si stracciano, vetri che si spezzano. Vi sono versi stupendi presi belli e fatti sulle labbra del popolo, proverbi incastonati in