Pagina:Sonetti romaneschi I.djvu/272

cclx Prefazione


E sentendo che la cresima “ci fa diventare soldati veri del Salvatore,„ egli domanda, non senza malizia:

     Ma fàmos’a capì:1 sordati veri,
Sordati propio co’ tanto de baffi,
’Na spece insomma de sti bersajeri
     Quanno entròrno er settanta a Porta Pia?...

Onde il povero prete, toccato dove gli duole, risponde brusco:

Si nun t’azzitti, sai, te do du’ schiaffi.
 (lxxii.)

Sugli effetti del sacramento del matrimonio, il quale, secondo il Bellarmino, fa “procreare i figlioli„ e vivere gli sposi con “pace e carità,„ il ragazzo osserva:

  Che facci fa li fiji, oh! questo si;

Questo se vede, ma me pare a me
Che su sta pace ce sarebbe a dì;
A senti mamma e tata . . .
B.G.   Abbad’ate!
Lassa sto tasto, e torna venardì...
(lxxix.)

La fuga di Gesù fanciullo da casa sua per andare a disputar co’ dottori nel Tempio, richiama alla mente di Peppetto una fuga propria per andar a fare il birichino sotto il portico del Panteon, e gli fa avvertire la diversità di trattamento che ebbe dal babbo:

     Furtuna ch’era Cristo!
Chè si era un artro, v’assicuro io
Ch’er padre suo j’avrebbe dato un pisto,2
     Come tata me fece a la Ritonna...
 (xcviii.)

Né queste uscite comiche le ha solamente il ragazzo:

  1. Ma facciamoci a capire, intendiamoci.
  2. Pisto (da pistà, pestare): bastonatura.