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Prefazione cclvii

Prefazione Ma tu fa' puro come l'artra gente: Daje 'na letta e imparel' a memoria: Si nun capischi, nun importa gnente. (XXV.) Ma il ragazzo si ostina a voler capir quel che legge; e don Ghetano, sebbene qualche volta s'impazientisca e minacci di finirla a sganassoni, perchè D. G. Peppe. D. G. Er tempo è curto e nun è robba questa Da poté fà tutte ste rifressioni, (X.) ordinariamente però prende la cosa per il suo verso: si ristringe, cioè, a ripetere sott'altra forma lo stesso con- siglio, o, per tagliar corto, smette la lezione. Il ragazzo ha letto che Gesù Cristo confermò nella legge nova i comandamenti di Dio, e osserva: D. G. CCLVII Me parerebbe già 'na buggiarata, Che Gesù Cristo ch'er' un bon cristiano Nu'je piacessi quer ch'annava a Tata. ¹ Voi che ne dite? Eh, via! No, ma ste cose è mejo annàcce piano. Per oggi abbasta, che so' stracco morto. (LI.) Fursi ch' ho torto? La dottrinella parla sul serio degli "stregoni e fat- tucchieri, che tengono il demonio per loro Dio; ,, e Pep- petto naturalmente domanda: ma, padre mio, ³ Questi, chi so'? ch'io nu' l'ho visti mai. Tu nu' l'hai visti? E figurete io! ® Forso. A Roma, e forse ¹ Quel che piaceva al Babbo. anche altrove, a tutti i curati si dà il titolo di padre; e credo che ciò provenga dal fatto che una gran parte di essi son frati.

- H. BELLI, Sonetti.