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ccxlvi | Prefazione |
dal 1° gennaio del 1827 era stato collocato provvisoriamente in riposo con l’intero soldo, usò espressioni di suddito fedele e di devoto cattolico. Ma a questa umiliazione egli fu spinto da quel suo affetto sviscerato di padre, che in certi momenti, com’è provato da mille altri fatti, lo accecava addirittura. Nell’istanza al Papa, dice esplicitamente che quel che chiede, lo chiede "in pro d’un figliuolo giovanetto;„ e in una lettera ad Antonio Neri fa capire lo sforzo che quell’atto gli era costato: "Quando io supplicai per tornare in impiego, .... mi vi ridussi stimolato dall’amor di mio figlio.„ Ed era verissimo, com’è vero che, dopo ottenuto il nuovo impiego, continuò a scrivere cose di fuoco contro Gregorio e un po’ anche contro il Lambruschini. Pur troppo, il dispotismo conduce spesso perfino gli uomini più onesti a queste flagranti contradizioni. Anche il povero Regaldi, nel settembre del 1836, se volle improvvisare nell’oraziana Tivoli (dove, del resto, fu prosasticamente bastonato), dovette inneggiare al "nome santo„ di Gregorio.1
Ma quest’atto del Belli, che se può scusarsi non merita lode di certo, non deve punto confondersi con la sua vera conversione di nove anni dopo, che fu sincera, aperta e interamente disinteressata.
Alle prime mosse liberali di Pio IX, egli si schierò subito, meglio si trovò senza nessuno sforzo naturalmente schierato, tra’ più preveggenti e più schietti fautori di lui, cioè tra que’ patriotti moderati, che volevano aiutarlo a navigare in mezzo alle due opposte correnti de’ gregoriani e de’ liberali eccessivi. Ciò apparisce evidente anche dai bellissimi sonetti suoi di quel tempo, benché egli, al solito, si studi di ritrarvi impersonalmente, e come le concepiva la plebe, le opinioni del giorno. Ma meglio ancora apparisce da una nota, tutta
- ↑ Notizie del Giorno, 30 settembre 1836.