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Prefazione | ccxlv |
fatti, non c’è neppure una sillaba, che condanni ciò che è detto ne’ sonetti; e il colera non era neppure del tutto scomparso, che il poeta si rimetteva a scriverne altri con più ardore di prima.
Una volta sola, in codesto periodo liberale della sua vita, egli si contradisse, e fu quando nel 1839 e nel 40, in un sonetto italiano al cardinal Lambruschini e in una istanza allo stesso Gregorio XVI, desiderando d’essere riammesso in un impiego migliore di quello dal quale fin
Crudeli da Orvieto, imbastàro in Borgo Vecchio, lo possiede l’egregio marchese G. Ferrajoli. E chi sa quanti altri, anche dei secoli precedenti, ci sarebbe da tirarne fuori! Ma poi (questo non lo dico per lo Gnoli), quando si fossero scovati, secondo le esagerazioni di certi critici, tutti i Titi Livi Cianchettini della poesia romanesca anteriori al Belli, la conclusione sarebbe sempre che il Belli non imparò l’arte sua da nessuno.
(Pag. 83.) I sonetti che nell’edizione Barbèra io diedi come conservati dalla tradizione popolare, non sono tutti i dugento ch’essa contiene; ma i soli primi settanta, compresi anche gli apocrifi. E importa non errare su questo punto, perchè, come ho già avvertito (pag. ccvii-ccviii), il Belli fu meno popolare di quel ohe comunemente si crede.
(Pag. 132.) Non è vero che il Belli in poesia romanesca non scrisse mai altro che sonetti. In romanesco egli scrisse anche (oltre parecchie prose) due lunghi componimenti in terzine, da me accennati nel voi. V, pag. 165, nota 8; il secondo de’ quali era già nell’ediz. Salviucci (IV, 91-95), e fu pure ripubblicato dal padre Daniele Olckers
a Monaco di Baviera nel 1878. (Cfr., in questo volume, la nota 26 a pag. 228.)
(Pag. 153.) La data agosto del 1831 va corretta in agosto del 1841.
(Pag. 158.) Non è vero che dal 1839 al 41 il Belli non scrivesse nessun sonetto romanesco. Ne scrisse due nel 39, due nel 40 e altri due nel 41.
(Pag. 180.) «In un foglietto,„ dice lo Gnoli, "trovo queste strane parole: A Papa Grigorio je volevo bbene, perché me dava er gusto de poténne dì male.„ In queste parole non c’è nulla di strano, come potrà vedersi dal posto che io ho naturalmente assegnato loro qui sopra, a pag. ccxxxiii.
(Pag. 162, nota.) Il sonetto accennato in questa nota è del 21 febbraio 1849. Cristina Ferretti non era dunque ancor divenuta nuora del Belli, poiché il suo matrimonio col figliuolo del poeta segui il 20 marzo successivo,
(Pag. 171, nota.) Qui paro che i sonetti romaneschi del Belli siano poco più di 1900, mentre in realtà son più di 2150.