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ccxl Prefazione

povertà, madre provvidamente austera di grandi uomini come di grandi nazioni, privandolo de’ comodi della vita, spingendolo al lavoro, cagionandogli dolori ineffabili, gli apri il cuore a’ nobili affetti; e ponendolo a contatto con ogni classe di persone, gli sviluppò quella naturale tendenza allo studio minuto degli uomini e delle cose, che doveva poi essere il carattere più spiccato del suo ingegno. Tant’è: senza aver molto patito, senza aver letto molte pagine, e belle e brutte, di quel gran libraccio che si chiama mondo, non si diventa scrittori di qualche valore. A questo riguardo, i poveri son più fortunati dei ricchi; e il Belli, per propria esperienza, in un’epistola al pittore bolognese Cesare Masini, scriveva:

    Fra pompe ed ozi, che sol cerca e prezza,
Credi, Cesare mio, che assai di rado
Consigliera di studi è la ricchezza.
    Il giovinetto, il sai, quanto a malgrado
Pieghi a' travagli, si che poi rimane
Di qua dal fiume per terror del guado.
    Nè il ricco ha presso da sera e da mane
La sollecita madre che gli dica:
"Studia, figliuolo mio, buscati il pane.„
    Mal per onor si adusa alla fatica
Ventre satollo; in sugli aviti campi
Il grande ha il poverel che lo nutrica. nota

Nel 1816, una vedova, ricca e ancor giovane, s’invaghì di lui, meglio, del suo spirito arguto, che formava già, anche prima cioè de’ sonetti romaneschi, la delizia delle conversazioni; lo sposò, e perchè non si dicesse ch’egli viveva con la professione di marito, gli ottenne dal cardinal Consalvi un impieguccio, con poco stipendio, ma anche con meno da fare; e così lo mise in grado di dedicarsi più liberamente agli studi, di viaggiare un po’ per l’Italia, e di scrivere.


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  1. Versi inediti di G. G. Belli, romano; Lucca, 1843; pag. 83.