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ccxvi Prefazione

nali creati dal nuovo Papa uno era l’odiato gregoriano Marini, che come Governatore di Roma e Direttor generale di polizia aveva avuto per braccio destro il famoso Nardoni (a cui la galera e il bollo di falsario e di ladro1 non erano stati impedimento a salire al grado di tenente colonnello de’ carabinieri), ci fu, come dice il Farini (I, 178), “alterazione d’umori,„ e Pasquino non mancò al debito suo di farsene eco:

O Pio, che dirà Roma, che penserà lo Stato,
Se da un tuo primo parto un tristo mulo è nato?

Se il pianto basta a moverti per decorar bricconi,
Il nostro voto accogli: fa’ cardinal Nardoni.

E, se maggior del popolo vuoi tu che sia la gioia,
Componi il più bel terno: fa’ cardinale il boia.

Durante la Repubblica del 1849 (cosi si racconta, e vedremo poi quel che ci sia di vero), il chimico Pietro Peretti teneva in una delle sue due farmacie, e precisamente in quella di fianco a S. Andrea della Valle, ritrovo consueto di molti liberali, un bel pappagallo, ammaestrato a dir male parole a preti e frati, quando li vedeva passare. Entrati in Roma i Francesi, e dietro di loro i tre cardinali, Altieri, Della Genga e Vannicelli, che Pio IX mandò da Gaeta per rimetter le cose a sesto e la testa a partito ai sudditi riottosi, il povero pappagallo fu catturato, e non se ne seppe più nova. Circolò allora una satira intitolata: Il Pappagallo Romano, dichiarato reo di Stato e condannato all’esilio dal Triumvirato Cardinalizio. Scherzo politico-animalesco. E divenne e meritò di diventare popolarissima, perchè, non ostante una certa prolissità e qualche trascuratezza di forma, è

  1. Ranalli, Op. e vol. cit., pag. 126.