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ccxii | Prefazione |
Ma quindi alzò patiboli,
Fe’ piene le prigioni,
Si circondò d’ipocriti,
Di lupi e di spioni,
E a Cristo e all’Evangelio
Le spalle, empio, voltò.
Chiamò l’orde barbariche
A taglieggiar la greggia;
Di svizzeri satelliti
Si puntellò la reggia,
E la crudel politica
De’ regi esercitò.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Bella Immortai!l benefica
Fede ai trionfi avezza!
Morì anche questo, allegrati;
Che tanta nefandezza
A disonor del Golgota
Giammai non ti sposò.
Invan sulle sue ceneri
Di requie la parola
Pregate, o preti: il Massimo,
Ch’anche il ladron consola.
Sulla deserta coltrice
Deserto lo lasciò.
Nella disposizione testamentaria di Gregorio, “la quale esentava i nepoti dal pagamento del diritto di successione dovuto all’erario pubblico sulla sua eredità, vide ognuno la falsa idea che aveva della legge e della sua inviolabilità; poichè non contento di essersi voluto sempre riguardare ad essa superiore, le volle fare un ultimo sfregio morendo, e credette padroneggiarla fin dopo morte.„ (Gualterio, IV, 338.) E una lunga Parafrasi di tutto il testamento, pubblicata anch’essa ne’ Fiori, dà quella disposizione in questa forma:
Poichè al roman tesoro far vogliamo
Un danno pur quando saremo spenti,
Mandiamo, prescriviamo ed ordiniamo