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clxvi | Prefazione |
Nel 25, mascherato da Fortuna (pag. 12):
Roma.
Mas fueram, fortis vixit dum Scipio; sed nunc
Istis sum mollis foemina: sic futuor.
Pasquillus ad Matronas Romanas.
Linteolum a tergo geritis, nihil ante, Quirinae.
Num c..us c..no charior. est? stupeo.
Discorrendo nel 34 con san Pietro della morte di Clemente, che aveva già tanto bersagliato da vivo, profetò (pag. 41):
Et Fiorenza gentil, che mai bramato
Altro non ha, del mulazo se rode,
Per amazarlo, o cacciarlo del stato.
E interrogato dal Santo se convenisse far Papa il cardinal Farnese, profetò ancora (pag. 42):
C....! l’ha tanti figli e tanta gente,
Che al fin sarria peggio che Clemente.
L’avveramento di questa seconda profezia gli diede poi tanto da dire per tutto quel lungo e infausto pontificato, che con piena ragione una volta potè domandare (pag. 21):
Ut canerent data multa olim sunt vatibus aera:
Ut taceam, quantum tu mihi, Paule, dabis?
Nel 35, travestito da Occasione con lo stiletto in mano, pare che avesse perfino qualche velleità da Bruto contro il Farnese (pag. 15):
Desine mirari, teneat cur dextera sicam,
Nam mihi temporibus congrua forma datur.
E volgendosi ai Cardinali che lo avevano eletto, li invi-