Pagina:Sonetti romaneschi I.djvu/167


Prefazione clv

egli non avrebbe fatto altro che dir male del morto e bene del vivo:

Exul eram: redii tandem regnante Leone:
    Nunc, iuvenes, studiis invigilate meis.
Namqiie Leone meo nemo indonatus abibit:
    Carminibus vates munera magna ferent.

Altrettanto parrebbe dalle due raccolte dell’anno 1514,1 nel quale egli fu camuffato da Mercurio. Ma forse i versi sfavorevoli furono esclusi. Certo è poi che nei Pasquillorum Tomi duo, pubblicati (dal Curione, si crede) a Basilea nel 1544, i quali contengono epigrammi del Pontano, del Poliziano, del Sannazzaro, dell’Hutten, ecc., ma anche alcuni delle piccole raccolte annuali che sono andato citando, e insieme molte altre satire ugualmente anonime e che in gran parte devono essere anch’esse vere e proprie pasquinate romane, Pasquino parla ben diversamente anche intorno a Leone X.

Non ostante, insomma, l’ufficiosità di cui era stato rivestito dal Caraffa, fino al propagarsi della Riforma egli potè parlare e parlò assai spesso liberamente, massime nel giorno della sua festa. Lo diceva egli stesso nel 1518:

Audite, o proceres: libertas maxima Romae
    Est hodie; scribit quod sibi quisque libet.
Nunc impune licet laudare, et carpere mores:
    Tanta est Pasquilli gratia multiloqui.

Quantunque poi ne cavasse una considerazione, tanto acuta quanto malinconica, e che può pur troppo applicarsi benissimo anche alla presente libertà di stampa, la quale riesce quasi vana, perchè i galantuomini, col


  1. Carmina apposita Pasquillo An. M.D.Xiiii. (S. l. e n. di stamp. Anche questa raccolta è poco nota.) — Versi posti a Pasquino nel Anno M.D.XIIII. (S. 1. e n. di stamp.)