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62 | giovanni boccaccio. |
nelle parti di Lombai-dia, sedente Giovanni papa xxii. E la cagione fu però che Lodovico duca di Baviei-a, dagli elettori della Magna eletto re de’ Romani, venendo per la sua coronazione a Roma, centra ’1 piacere del detto Giovanni papa, es^^endo in Roma, fece contra gli ordinamenti ecclesiastici un frate minore, ciiiamato frate Piero della Corvara, papa, e molti cardinali e vescovi; e quivi a questo papa si fece coronare. E nata poi in molti casi della sua autorità quistione, egli e’ suoi seguaci, trovato questo libro, a di Tensione di quella e di sé molti degli argomenti in esso posti cominciarono a usare; per la quale cosa il libro, il quale lutino allora appena era saputo, divenne molto famoso. Ma poi, tornatosi il detto Lodovico nella Magna, e li suoi seguaci, massimamente i chierici, venuti al di^hino e dispersi; il detto Cardinale, non essendo chi a ciò s’opponesse, avuto il soprascritto libro, quello in publico, siccome cose eretiche contenente, dannò al fuoco. E ’l simigliante si sforzava di fare dell’ossa dell’autore a eterna infamia e confusione della sua memoria, se a ciò non si fosse opposto un valoroso e nobile cavaliere tìorentino, il cui nome fu Pino della Tosa, il quale allora a Bologna, dove ciò si trattava, si trovò, e con lui messer Ustagia da Polenta, potente ciascuno assai nel cospetto del Cardinale sopra detto. Oltre a questi compose il detto Dante due Egloghe assai belle, le quali furono intitolate e mandate da lui, per risposta di certi versi mandatigli, al maestro Giovanni del Virgilio, del quale di sopra altra volta è fatta menzione. Compose ancora un Coniento in prosa in fiorentino vulgare sopra tre delle sue canzoni distese, come che egli appaia lui aver avuto intendimento, quando il cominciò, di cementarle tutte, benché poi o per mutamento di proposito o per mancamento di tempo che avvenisse, più cementate non se ne trovano da lui; e questo intitolò Convivio, assai bella e laudevele operetta. Appresso, già vicino alla sua morte, compose uno libretto in prosa latina, il quale egli intitolò De vulgciìn eloquentia, dove intendea di dar dottrina a chi imprendere la volesse, del dire in rima; e come che per lo del Poggetto, allora per la Chiesa di Rema legato in Lombardia, dannato siccome contenente cose eretiche, e per lui proibito fu che studiare alcun noi dovesse. E se un valoroso cavaliere fiorentino, chiamato Pino della Tosa, e messere Ostagio da Polenta, li quali amenduni appresso del Legato erano grandi, non avessono al furore di lui obviato, egli avrebbe nella città di Bologna insieme col libro fatto ardere l’ossa di Dante: se giustamente o non, Iddio il sa di vero. Oltre a questi compose il dette Dante Egloghe assai belle, le quali furono intitolate e mandate da lui, per risposta di certi versi mandatigli, a maestro Giovanni del Virgilio. Compose ancora molte canzoni distese e sonetti e ballate, oltre a quelle che nella sua Vita nuova si leggono. E sopra tre delle dette canzoni, come che intendimento avesse sopra tutte di farlo, compese un cemento in fiorentino volgare, il quale nominò Convivio, assai bella e laudevele operetta. Appresso, già vicino alla sua morte,
compose un libretto in prosa latina il quale egli intitolò De vulgari Elo~