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60 giovanni boccaccio.

§ 15. — Perché la Comiuedia sia slata scritla in volgare. Muovono molti, e intra essi molti savi uomini generalmente una quistione cosi fatta: con ciò fosse cosa che Dante fosse in iscienza solennissimo uomo, perché a comporre cosi grande, di si alta materia e si notabile libro, com’è questa sua Commedia, nel fiorentino idioma si disponesse, e perché non più tosto in versi latini come gli altri poeti precedenti hanno fatto. A cosi fatta domanda rispondere, tra molte ragioni, due all’altre principali me ne occorrono. Delle quali la prima è per fare utilità più comune a" suoi cittadini e agli Italiani; conoscendo che se metricamente in latino, come gli altri poeti passati avesse scritto, solauiente a’ letterati avrebbe fatto utile, e scrivendo in volgare fece opera mai più non fatta, e non tolse il non poter essere inteso da’ letterati, e mostrando la bellezza del nostro idioma e la sua eccellente arte in quelle, e diletto e intendimento di sé diede agl’idioti, abbandonati per adrieto da ciascheduno. La seconda ragione che a questo il mosse, fu questa. Vedendo egli i liberali studi del tutto abbandonati, e massimamente da’ principi e dagli altri grandi uomini, a’ quali si solevano le poetiche fatiche intitolare, e per questo e le divine opere di Virgilio e degli altri solenni poeti non solamente essere in poco pregio divenute, ma quasi da’ più disprezzate; avendo egli incominciato, secondo che l’altezza della materia richiedeva, in questa guisa: Ultima rer/na canam, fluido contermina mundo, Spiritibus quce lata patent, quce proemia solvunt Pro mcritis cuicumque suis, ecc. il lasciò stare; e imagi uando invano le croste del pane porsi alla bocca di 24. Muovono molti, et intra essi alcuni savij uomini, una quistione cosi fatta: conciofossecosaché Dante fosse in iscienzia solennissimo uomo, perché a comporre cosi grande opera e di si alta materia, come la sua Comedia appare, si mosse più tosto a scrivere in ritmi e nel fiorentino idioma, che in versi, come gli altri poeti già fecero. Alla quale si può cosi rispondere. Avea Dante la sua opera cominciata per versi in questa guisa: Ultima regna canam, fluido contermina mundo, Spiritibus quae lata patent, quae prem,ia solvunt Pro meritis cuicumque suis, ecc. Ma veggendo egli li liberali studii del tutto essere abbandonati, e massimamente da’ principi, a* quali si soleano le poetiche opere intitolare, e che soleano essere promotori di quelle; et oltre a ciò veggendo le divine opere di Virgilio e quelle degli altri solenni poeti venute in non calere e quasi rifiutate da tutti, estimando non dover meglio avvenire della sua, nmtò consiglio e prese partito di farla corrispondente, quanto alla prima apparenza, agl’ingegni de’ principi odierni; e lasciati stare i versi, ne’ ritmi la fece che noi veggiamo. Di che segui un bene, che de’ versi non sarebbe

seguito: che, senza tór via lo esercitare degli ingegni de’ letterati.