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48 giovanni boccaccio.

uiuiia altra cosa ò che via, vita e verità. Ma pure alquanto intento di soddisfargli. Manifesta cosa è, che ogni cosa che con fatica si acquista, avere alquanto più di dolcezza, che quella che viene sanz’affanno. La verità piana, perciò che to^to compresa, con picciole forze diletta e passa nella memoria. Adunche, acciò che con fatica acquistata fosse più grata, e perciò meglio si conservasse, gli poeti sotto cose molto ad essa contrarie apparenti, la nascosero; e perciò favole fecero, più che altra coperta, pei’ché le bellezze di quelle attraessero coloro, li quali né le dimostrazioni filosofiche, né le persuasioni aveano potuto a sé tirare. Che dunche diremo de’ poeti ? Terl’emo ch’essi sieno stati uomini insensati, come li presenti dissensati. parlando e non sappiendo che, gli giudicano? Certo no; anzi furono nelle loro operazioni di profondissimo sentimento, quanto è nel frutto nascoso, e d’eccellentissima e ornata eloquenza nelle corteccie e nelle frondi apparenti. Ma torniamo dove lasciannuo. Dico che la teologia e la poesia quasi una cosa si possono dire, dove uno medesimo sia il subietto; anzi dico più, che la teologia niun’altra cosa è che una poesia di Dio. E che altra cosa è che poetica Azione, nella Scrittura, dire Cristo essere ora lione e ora agnello e ora vermine, e quando drago e quando pietra, e in altre maniere molte le quali volere tutte raccontar sarebbe lunghissimo ? Che altro suonano le parole del Salvatore nel Vangelo, se non uno sermone da’ sensi alieno, il quale parlare noi con più usato vocabolo chiamiamo allegoria ? Dunche bene appare, non solamente ni)sc() |)i’ic!ie sono cosi fatta forma i poeti dessero la loro dottrina; oltre a ciò che detto n’è, ne possono le ragioni essere queste, o per imitare più nobile autore, o perché forse in altra forma non erano ammaestrati. Ma di questo non mi pare da dovere far ti’oppo agra quistione; conciosiacosaché ciascuno in cosi fatte elezioni più tosto il suo giudicio seguiti che l’altrui. E però più tosto si potrà dimandare, se cotal tradizione è utile o disutile: alla quale mi pare che rispondere si possa, questa utile essere stata, dove i nostri giudici nel gridare la dimostrano disutile: e la ragione puote essere questa. Certissima cosa è che, come gli ingegni degli uomini sono diversi, cosi esser convengono diverse le maniere del dare la dottrina. Assai se ne sono già veduti, a’ quali ninna sillogistica dimostrazione ha potuto far comprendere il vero d’alcuna conclusione; la qual poi per ragioni persuasive hanno subitamente compresa. Che dunque con questi cotali varrà il sillogizzare d’Aristotile? Certo niente: cosi al contrario alcuni vilipendono tanto le persuasioni, che nulla crederanno essere vero, se sillogizzando non se ne son convinti. Sono altri, li quali solo il nome della filosofia, non che la dottrina, spaventa, e che con sommo diletto alle lezioni delle favole correranno, non estimando sotto quelle alcuna particella di filosofia potersi nascondere; che se ’1 credessero, non le vorrebbono udire. Di questi cotali, non è dubbio, già assai dalla novità delle favole mossi divennero investigatori della verità

B domestici della filosofia, del cui nome altra volta aveano avuto paura. In