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46 giovanni boccaccio.

e viziosamente operando, come Licaone fece, quantunque egli paia nomo, nel vero si può dire quella bestia, la quale da ognuno si conosce, per effetto, più simile al suo difetto; siccome Licaone per rapacità e per avarizia, le quali a lupo sono molto conformi, si tìnge in lupo essere mutato. Similmente fingono li nostri poeti la bellezza de’ Campi Elisi, per la quale intendo la dolcezza del paradiso; e la oscurità di Dite, pei- la quale prendo l’amaritudine dello ’nferuo; acciò che noi, tratti dal piacere dell’uno e dalla noia dell’altro spaventati, seguitiamo le virtù che in Eliso ci meneranno, e i vizii fuggiamo che in Dite ci farieno traripare. Io lascio il tritare con più particulari esposizioni queste cose, perciò che se quanto si converrebbe e potrelìbe le volessi chiarire, come che esse più piacevoli ne divenissero e più facessero forte il mio argomento, dubito non mi tirassero più oltre molto che la prjncii)al materia non richiede, e che io non voglio andare. E certo se più non se ne dicesse che quello ch’è detto, assai si dovrebbe comprendere la teologia e la poesia convenirsi quanto nella forma dell’operare; rapace e avaro e ingluvioso fu, vizii familiarissimi al lupo, in lupo trasformato si disse. Li nostri poeti ancora discrissono mirabile la bellezza de’ Campi EHsi. et in quegli dissono dopo la morte l’anime de’ pietosi uomini e valenti abitare: per li quali il cristiano uomo meritamente potrà intendere la dolcezza del paradiso solamente alle pietose anime conceduta. Et oltre a ciò, oscura et orrida e nel centro della terra tìnsero la città di Dite,, e quivi sotto varii tormenti l’anime de’ crudeli e malvagi uomini tormentarsi: per la quale chi sarà che non prenda l’amaritudine dello ’nferno e i supplicii de’ dannati tanto quanto più esser possono rimoti da Dio? Nelle quali fizioni assai chiaro mostrano d’ingegnai’si con la bellezza dell’uno di trarre gli uomini a virtuosamente operare per acquistarlo, e con la oscurità dell’altro spaventargli, acciò che per paura di quella si ritraggano da’ vizii e seguitino le virtù. Io lascio il tritare con jùù particulari esposizioni queste cose, per non lasciarmi si oltre nella transgressione trasportare, che la principale materia patisca, fidandomi ancora che gl’intendenti, per quello che detto è. conosceranno quanta forza, più trite, al mio argomento aggìugniereno. Assai adunque per le cose dette credo che è chiaro, la teologia e la poesia nel modo del nascondere i suoi concetti con simile passo procedere, e però potersi dire simighanti. È il vero, che il subietto della sacra teologia e quello della poesia de’ poeti gentili è molto diverso, perciò che quella nulla altra cosa nasconde che vera, ove questa assai erronee e contrarie alla cristiana religione ne descrive: né è di ciò da maravigliarsi molto, però che quella fu dettata dallo Spirito Santo, il quale è tutto Aerità, e questa fu trovata dallo ’ngeguo degli uomini, li quali di quello Spirito o non ebbono alcuna conoscenza, o non l’ebbono tanto piena. 20. Io poteva per avventura procedere ail altro, se alcuni dissensati ancora un pochetto intorno a questo ragionamento non mi avessero ritirato. Sono adunque alcuni li quali, senza aver mai veduto o voluto vedere poeta,

se veduto n’hanno alcuno, non l’hanno inteso o non Th^nno voluto in-